Il mio scritto è dedicato ad una anziana signora con la quale, ogni tanto, mi piace fare una passeggiata fotografica così come è avvenuto, con inattesi risultati, che spero di proporvi, lo scorso sabato. Ero uscito con l'intento di provare la compatibilità del 100/2.8 KM, che ho da tanti anni ed ho usato tanto poco, con il paraluce che gli ho trovato al PhotoShow della scorsa settimana, così ho caricato la KX con una Ilford Delta 100 scaduta da un paio di anni e sono partito con l'idea fare qualche foto lungo il Tevere seguendo il percorso della ciclabile. Certo il 100/2.8 è un obiettivo da ritratti, così avevo portato con me due grandangolari che dovevo sottoporre ad identica prova di compatibilità con dei paraluce non originali. Poi la passeggiata ha preso una piega del tutto diversa e soddisfacente. Tornato a casa, mi è venuto in mente di buttar giù questo piccolo omaggio all'arzilla pensionata.
Sono trascorsi poco meno di venti anni da quando trovai sul noto giornale di compra/vendita Porta Portese di Roma un annuncio relativo alla vendita di un obiettivo SMC PENTAX K 50 mm f 1,2. Da tempo desideravo dotare la mia fida PENTAX MX di un obiettivo luminoso da utilizzare in situazioni di luce scarsa, così presi appuntamento per visionare il materiale. Il venditore mi mostrò anche una fotocamera, spiegandomi che: essendo priva della possibilità di montare il motore l'aveva usata assai poco e se ne sarebbe disfatto volentieri. Effettivamente la macchina, un modello che non conoscevo, non presentava il minimo segno d'uso. Portatala all'occhio me ne innamorai immediatamente, acquistandola seduta stante assieme all'obiettivo. Venni così in possesso di una PENTAX KX.
La KX appartiene alla prima generazione di fotocamere PENTAX con attacco a baionetta K, venne prodotta per soli due anni dal 1975 al 1977. Attacco obiettivi a parte è l'erede diretta delle ultime, splendide, Spotmatic con attacco a vite e lettura a TA.
Forma, design da carro armato, dimensioni generose, sono analoghe alla diffusissima K1000. A differenza della sorella minimalista è completa di tutte quelle caratteristiche accessorie che, a mio avviso, rendono una fotocamera meccanica a regolazione manuale un oggetto di pregio il cui utilizzo sia anche un piacere.
Lo schermo di messa a fuoco presenta nel centro un piccolo cerchio con microprismi inscritto in un cerchio più vasto leggermente più scuro della parte di schermo esterno; non è sostituibile, i microprismi si oscurano utilizzando ottiche di apertura massima superiore ad F 3,5. La sobria completezza delle informazioni analogiche presenti nel mirino è l'aspetto che maggiormente apprezzo della KX: c'è tutto il necessario, ciò che sarebbe superfluo e fonte di distrazione no. Sul lato destro compare la scala completa dei tempi con le cifre nere, scorrendo su di essa un ago, di colore azzurro, azionato dalla ghiera dei tempi indica quello impostato. Sul lato superiore del mirino una finestrella visualizza, per mezzo di un piccolo periscopio, il diaframma selezionato (una delizia). L'esposimetro si attiva allontanando leggermente dal corpo la leva di carica sino a che interviene un leggero blocco poi, premendo appena il pulsante di scatto, sino a che, anche quest'ultimo, non è fermato da un blocco, un secondo ago più sottile, di colore nero, si posiziona lungo la scala dei tempi, sopra o sotto rispetto a quello azzurro a seconda se il diaframma selezionato sovra o sottoespone con il tempo scelto. Per ottenere la corretta esposizione è necessario sovrappore i due aghi agendo, a propria scelta: sul tempo, quindi portando l'ago azzurro sul nero, o sul diaframma: ossia portando l'ago nero sull'azzurro. Semplice, completo ed intuitivo. Poichè entrambi gli aghi scorrono sulla scala dei tempi sappiamo sempre, esattamente, di quanti stop stiamo sotto o sovraesponendo rispetto all'indicazione dell'esposimetro che, effettuando una lettura media con prevalenza al centro, va, in certe condizioni di luce, correttamente interpretato; Inoltre, grazie alla finestrella sul lato superiore del mirino, l'informazione è sempre completata dalla apertura del diaframma. Pensate quante fotocamere si limitano a dare una generica informazione di sovra, sotto o corretta esposizione. Per fare la foto premiamo a fondo il pulsante di scatto che al ritorno disattiverà l'esposimetro, se non vogliamo scattare, per spegnere l'esposimetro riportiamo la leva di carica verso il corpo.
L'esposimetro, dotato di cellula SPD, è regolabile tra 8 e 6400 ASA, la ghiera di regolazione, visibile per mezzo di una finestrina, è coassiale al manettino di riavvolgimento e si trova all'estremità sinistra del lato superiore della macchina. Un pulsante di blocco la protegge da spostamenti accidentali. Il dorso, fornito di taschina memo dove inserire un lembo della confezione del film, si apre tirando verso l'alto il manettino di riavvolgimento, il design di quest'ultimo non è ne bello ne funzionale ma, la cosa ha poca importanza, il rocchetto a cui va agganciato il film è di tipo tradizionale.
Tra il pentaprisma ed il manettino di riavvolgimento vi è il pulsante di test per le pile, premetelo: se le pile sono cariche l'ago dell'esposimetro (quello nero) si posizionerà al centro della scala dei tempi in corrispondenza di 1/30 di sec. diversamente non si muove dal fondoscala. Sul pentaprisma si trova la slitta portaflash con contatto. A destra del pentaprisma nell'ordine: il bottone dei tempi: da 1/1000 di sec. ad 1 sec più posa B, tempo di sincro 1/60 di sec, il pulsante di scatto munito di filettatura per il flessibile e di ghiera coassiale per bloccarlo, la finestrina rotonda che diviene rossa ad indicare che l'otturatore è carico, infine al di sopra della leva di carica la finestrina del contafotogrammi.
Sul lato destro del frontale un comodo pulsante consente di chiudere il diaframma per controllare visivamente la profondità di campo, rilasciandolo il diaframma torna ad aprirsi. Coassiale a questo una piccola ghiera comanda il blocco di specchio e diaframma: si deve ruotarla poi premere il pulsante della profondità di campo lo specchio si bloccherà in alto il diaframma si chiuderà, il pulsante rimarrà a fondo corsa, si può scattare e ricaricare l'otturatore, riportando la piccola ghiera nella posizione di riposo specchio, diaframma e pulsante PdC verranno liberati. Sotto questo comando la levetta di carica dell'autoscatto in metallo con l'estremità rivestita in plastica nera con disegnata una freccia bianca per vederla durante la rotazione, ruotando la levetta si carica l'autoscatto scoprendo una seconda levetta che: premuta in un senso ne comanda l'avviamento, nell'altro senso ne può, se necessario, interromperne la corsa.Sul lato sinistro del frontale i due contatti per i cavetti sincro X o sincro FP. Sul fondello la vite per il cavalletto, il pulsante di sblocco per il riavvolgimento del film, l'allogiamento per le due pile. La macchina, interamente metallica, pesa 630 grammi,con l'ottica montata si passa il Kg. una bella impressione di robustezza. L'otturatore a scorrimento orizzontale non è molto rumoroso, sui tempi lenti dopo lo scatto emette una sorta di breve ronzio. L'esposimetro, rispetto a quello della mia PENTAX MX, a parità di regolazione e ottica montata, sovraespone costantemente di uno stop.
Concordo con chi me la vendette circa l'impossibilità di applicarvi un motore che, se dotato di maniglia (tipo i winder MX ed ME), ne migliorerebbe l'impugnatura rendendola al contempo più massiccia e stabile in mano, ma è veramente l'unico difetto. Peraltro ho letto che ne è stata costruita una versione, rara, motorizzabile. La mia è rifinita nel classico argento ma è stata costruita anche in nero integrale.
Circa tre fà anni improvvisamente prese a non scattare più con i tempi lenti poi finì per bloccarsi del tutto si rese necessario farla revisionare da un bravo riparatore che la ha riportata all'originale efficienza.
Recentemente ho avuto il piacere di donare alla vecchia signora una borsa pronto originale in perfetto stato trovata dal mio spacciatore di lenti di fiducia e, per una volta, con un impegno economico irrisorio.
In conclusione la definirei un grande classico degli anni settanta, il motore l'avrebbe certamente resa competitiva con le più blasonate contemporanee donandole inoltre quel look "professionale" che avevano all'epoca le fotocamere dotate di tale accessorio.
Fabrizio Mongioj