1871, Henri-Frédéric Amiel scriveva...

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1871, Henri-Frédéric Amiel scriveva...

Messaggioda Valerio Ricciardi » sab feb 16, 2019 9:17 am

da "Frammenti di diario intimo" - "1871"

Le masse saranno sempre al di sotto della media. La maggiore età si abbasserà, la barriera del sesso cadrà, e la democrazia arriverà all'assurdo rimettendo la decisione intorno alle cose più grandi ai più incapaci. Sarà la punizione del suo principio astratto dell'uguaglianza, che dispensa l'ignorante di istruirsi, l'imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi. Il diritto pubblico fondato sull'uguaglianza andrà in pezzi a causa delle sue conseguenze. Perché non riconosce la disuguaglianza di valore, di merito, di esperienza, cioè la fatica individuale: culminerà nel trionfo della feccia e dell'appiattimento.

- mi pare che qualcosa del genere, in modo tristemente del tutto oggettivo si stia vedendo, e non solo da noi... -
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Re: 1871, Henri-Frédéric Amiel scriveva...

Messaggioda b-rider-0047 » sab feb 16, 2019 10:27 am

Bellissima. Da stampare :cincin:
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Re: 1871, Henri-Frédéric Amiel scriveva...

Messaggioda goatto » sab feb 16, 2019 11:07 am

Valerio Ricciardi ha scritto:da "Frammenti di diario intimo" - "1871"

Le masse saranno sempre al di sotto della media. La maggiore età si abbasserà, la barriera del sesso cadrà, e la democrazia arriverà all'assurdo rimettendo la decisione intorno alle cose più grandi ai più incapaci. Sarà la punizione del suo principio astratto dell'uguaglianza, che dispensa l'ignorante di istruirsi, l'imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi. Il diritto pubblico fondato sull'uguaglianza andrà in pezzi a causa delle sue conseguenze. Perché non riconosce la disuguaglianza di valore, di merito, di esperienza, cioè la fatica individuale: culminerà nel trionfo della feccia e dell'appiattimento.

- mi pare che qualcosa del genere, in modo tristemente del tutto oggettivo si stia vedendo, e non solo da noi... -



Sí e no...
Cioė ė una frase che farebbe felici gli americani che si basano sul mito del self-made man.
Però noi (italiani, europei) abbiamo seguito di piú il diritto/ obiettivo dell'uguaglianza (fino a che punto non so) ma non credo che la nostra societá sia peggiore
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Re: 1871, Henri-Frédéric Amiel scriveva...

Messaggioda bel-ami » sab feb 16, 2019 1:31 pm

Le disuguaglianze ci saranno sempre. Se con una bacchetta magica oggi tutta la ricchezza del mondo venisse distribuita egualmente tra tutti gli uomini, nel giro di poco avremmo ancora la situazione precedente "all'incantesimo": gente ricca e gente povera. Questo perché la nostra capacità di "produrre" beni e servizi utili, non è uguale per tutti.
La democrazia è fallimentare, lo sapevano i greci già. Con questo non voglio elogiare gli assolutismi, anzi: il problema è che ogni forma di controllo dall'alto è fallimentare. Anche voler creare l'uguaglianza è una cosa destinata sempre a fallire.


Detto questo.... Io c'ero. :asd:
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Re: 1871, Henri-Frédéric Amiel scriveva...

Messaggioda Valerio Ricciardi » sab feb 16, 2019 7:13 pm

Secondo me, lui non criticava di certo l'eguaglianza come concetto morale, che esclude a priori l'idea aristocratica di elitarismi, razze elette, caste di nobili e quant'altro. Non criticava l' égalité della Rivoluzione Francese.

Lui prevedeva che partendo da un'idea di eguaglianza declinata col fine di ottenere pari diritti e favorire pari opportunità, la società di fatto ne avrebbe tratto spunto per perseguire un ben più facile progressivo livellamento verso il basso, capace di produrre una sorta di egualitarismo della mediocrità.

Il concetto di self-made man nasce da un'idea di competizione dell'individuo per emergere, avere successo ed affermarsi in un mondo competitivo e mercantile, non di sforzo finalizzato a migliorarsi come individuo, evolversi, elevarsi verso una maggiore consapevolezza e livello etico.
L'dea anglosassone di self-made man è fortemente figlia illegittima del concetto della Dottrina della Grazia del Calvinismo: il lavoro, lavoro, lavoro, impegno, fatica che devono produrre l'affermazione. E se ci riesci, vuol dire che al Padreterno stavi simpatico, ha apprezzato i tuoi sforzi per alzarti un'ulteriore mezz'ora prima la mattina e darti da fare come un matto per emergere economicamente e guadagnare tanti soldi, magari semplicemente inventandoti un modo originale per distribuire hot dog impiastrati di ketchup e senape proprio sotto tutti gli uffici. Un self-made man di successo può semplicemente essere alla fin fine un individuo ...semplicemente molto furbo e determinato nel perseguire il proprio particulare. Non un aristòs.
Se non ci riesci, e rimani uno sfigato o peggio ancora proprio fallisci i tuoi obiettivi alla grande, vuol dire che il Padreterno non ha apprezzato i tuoi sforzi, e quindi non sei stato "nella sua grazia" e non ti ha concesso di avere il successo cui agognavi.
Corollario: se vedo un barbone che si è ritrovato marginalizzato perché inadatto a competere o fisicamente, o psicologicamente, o magari disabile, perché dovrei aver cura di lui, pormi il problema di una sua minimale sussistenza e magari (figuriamoci) assistenza sanitaria di base?? Io ho lottato ed ho vinto nella giungla della vita per pagarmi una buona assicurazione, son partito consegnando i giornali con la bicicletta ed eccomi qui, adesso ho una catena di librerie e tanti dipendenti a libro paga... se lui non ce l'ha fatta, peggio per lui.

L'eguaglianza che può portare all'imbarbarimento cui secondo me si riferisce Amiel è quella che " dispensa l'ignorante di istruirsi, l'imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi". Grossomodo quel cui stiamo assistendo ora.
Non è vero che siamo tutti uguali: alcuni sanno vedere più lontano, avrebbero una mente più predisposta a intuire le necessità da soddisfare per realizzare il bene comune.
E ci son persone che potendo scegliere, fra una serata alle slot machine, a parità di disponibilità economica e di cultura, hanno l'istinto di leggere un libro. Istinto e anelito personale, non necessariamente (anche se spesso lo è) figlio di una educazione ricevuta in famiglia.
Alcuni son predisposti caratterialmente a provare empatia per il prossimo ed i suoi problemi e difficoltà, altri meno. C'è chi in fondo (avendone la possibilità e le competenze, ovviamente) si sente propenso a forme di volontariato per occuparsi di chi se la passa peggio di lui, altri troverebbero comunque e sempre millemila scuse per non trovare il tempo. Alcuni vivono la propria fede religiosa come rito e rapporto diretto ed egoistico con l'aldilà, altri la declinano cercando di applicarne positivamente i principi etici ad un miglior rapporto col prossimo.

Quando si è iniziato a declinare le "pari opportunità" come "sei politico" o "diciotto politico", poi persino agli esami di gruppo nella facoltà di Architettura a Roma (e, temo, non solo), quando si è risolto il problema dell'alto tasso di abbandono universitario semplificando i programmi e alleggerendo parossisticamente gli esami invece di migliorare l'offerta formativa - e sto facendo i primi tre esempi che mi vengono in mente - quando si è alterato il codice di Procedura Penale al punto che gli assassini di un barbone bruciato con la benzina "per noia" dopo tre anni di osservazione potranno proseguire la loro vita senza nemmeno durevole traccia sulla loro fedina penale perché il reati sarà considerato estinto... si è iniziata una china molto, molto pericolosa, autoreferenziale, autoassolutoria, e l'eguaglianza da principio antielitario è divenuto un osceno alibi collettivo per livellarci verso il basso.
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Re: 1871, Henri-Frédéric Amiel scriveva...

Messaggioda goatto » sab feb 16, 2019 8:12 pm

Valerio Ricciardi ha scritto:Secondo me, lui non criticava di certo l'eguaglianza come concetto morale, che esclude a priori l'idea aristocratica di elitarismi, razze elette, caste di nobili e quant'altro. Non criticava l' égalité della Rivoluzione Francese.

Lui prevedeva che partendo da un'idea di eguaglianza declinata col fine di ottenere pari diritti e favorire pari opportunità, la società di fatto ne avrebbe tratto spunto per perseguire un ben più facile progressivo livellamento verso il basso, capace di produrre una sorta di egualitarismo della mediocrità.

Il concetto di self-made man nasce da un'idea di competizione dell'individuo per emergere, avere successo ed affermarsi in un mondo competitivo e mercantile, non di sforzo finalizzato a migliorarsi come individuo, evolversi, elevarsi verso una maggiore consapevolezza e livello etico.
L'dea anglosassone di self-made man è fortemente figlia illegittima del concetto della Dottrina della Grazia del Calvinismo: il lavoro, lavoro, lavoro, impegno, fatica che devono produrre l'affermazione. E se ci riesci, vuol dire che al Padreterno stavi simpatico, ha apprezzato i tuoi sforzi per alzarti un'ulteriore mezz'ora prima la mattina e darti da fare come un matto per emergere economicamente e guadagnare tanti soldi, magari semplicemente inventandoti un modo originale per distribuire hot dog impiastrati di ketchup e senape proprio sotto tutti gli uffici. Un self-made man di successo può semplicemente essere alla fin fine un individuo ...semplicemente molto furbo e determinato nel perseguire il proprio particulare. Non un aristòs.
Se non ci riesci, e rimani uno sfigato o peggio ancora proprio fallisci i tuoi obiettivi alla grande, vuol dire che il Padreterno non ha apprezzato i tuoi sforzi, e quindi non sei stato "nella sua grazia" e non ti ha concesso di avere il successo cui agognavi.
Corollario: se vedo un barbone che si è ritrovato marginalizzato perché inadatto a competere o fisicamente, o psicologicamente, o magari disabile, perché dovrei aver cura di lui, pormi il problema di una sua minimale sussistenza e magari (figuriamoci) assistenza sanitaria di base?? Io ho lottato ed ho vinto nella giungla della vita per pagarmi una buona assicurazione, son partito consegnando i giornali con la bicicletta ed eccomi qui, adesso ho una catena di librerie e tanti dipendenti a libro paga... se lui non ce l'ha fatta, peggio per lui.

L'eguaglianza che può portare all'imbarbarimento cui secondo me si riferisce Amiel è quella che " dispensa l'ignorante di istruirsi, l'imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi". Grossomodo quel cui stiamo assistendo ora.
Non è vero che siamo tutti uguali: alcuni sanno vedere più lontano, avrebbero una mente più predisposta a intuire le necessità da soddisfare per realizzare il bene comune.
E ci son persone che potendo scegliere, fra una serata alle slot machine, a parità di disponibilità economica e di cultura, hanno l'istinto di leggere un libro. Istinto e anelito personale, non necessariamente (anche se spesso lo è) figlio di una educazione ricevuta in famiglia.
Alcuni son predisposti caratterialmente a provare empatia per il prossimo ed i suoi problemi e difficoltà, altri meno. C'è chi in fondo (avendone la possibilità e le competenze, ovviamente) si sente propenso a forme di volontariato per occuparsi di chi se la passa peggio di lui, altri troverebbero comunque e sempre millemila scuse per non trovare il tempo. Alcuni vivono la propria fede religiosa come rito e rapporto diretto ed egoistico con l'aldilà, altri la declinano cercando di applicarne positivamente i principi etici ad un miglior rapporto col prossimo.

Quando si è iniziato a declinare le "pari opportunità" come "sei politico" o "diciotto politico", poi persino agli esami di gruppo nella facoltà di Architettura a Roma (e, temo, non solo), quando si è risolto il problema dell'alto tasso di abbandono universitario semplificando i programmi e alleggerendo parossisticamente gli esami invece di migliorare l'offerta formativa - e sto facendo i primi tre esempi che mi vengono in mente - quando si è alterato il codice di Procedura Penale al punto che gli assassini di un barbone bruciato con la benzina "per noia" dopo tre anni di osservazione potranno proseguire la loro vita senza nemmeno durevole traccia sulla loro fedina penale perché il reati sarà considerato estinto... si è iniziata una china molto, molto pericolosa, autoreferenziale, autoassolutoria, e l'eguaglianza da principio antielitario è divenuto un osceno alibi collettivo per livellarci verso il basso.



Ok, ora il tuo pensiero è più chiaro.
Henri-Frédéric Amiel fa un discorso molto pratico: cioè la società, una volta raggiunti certi obiettivi, si rilassa sui cuscini e inevitabilmente punta verso il basso, forse non sentendo più il bisogno di lottare. Il rischio di "tornare indietro" quindi è molto forte.

Nel tuo discorso riferito alla nostra società lasci intendere che di fatto questa mediocrità però è anche artefice poi di una mancanza di "diritti", provocando una deriva che finisce per essere anti-egualitaria.

Bene, credo però che il problema non sia il principio dell'uguaglianza, ma l'uomo.
E' infatti inevitabile che il diritto di uguaglianza si possa "ottenere" solo in quelle società che hanno raggiunto un certo benessere e stile di vita. Società quindi che a un certo punto della loro storia possono permettersi di "tirare i remi in barca" e quindi, come dici tu, cominciare ad autoassolversi.
Sono d'accordo che questo possa essere visto come un principio di decadenza, anche se per avere una "vera decadenza", occorrono diversi fattori, impero romano docet.
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Re: 1871, Henri-Frédéric Amiel scriveva...

Messaggioda Mauro » sab feb 16, 2019 9:32 pm

e ci fermiamo qui
Ma poi, è proprio obbligatorio essere qualcuno?(Raffaello Mascetti)
c’entra come il culo e le quarant’ore
Siamo alle porte co' sassi.
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